Conciliare, innovare e competere. Sono questi i tre diversi obiettivi, apparentemente antitetici, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera complementare, con quelle dell’impresa.
Il concetto di “Lavoro Agile”
Non si tratta infatti di una semplice riduzione dell’orario o modifica del luogo di lavoro, bensì di una nuova filosofia orientata ai risultati e non al presenzialismo. L’ultima ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano registra come il fenomeno sia in costante aumento, in alcune realtà anche con crescite esponenziali. Gli smart worker in Italia arrivano a 570mila, crescendo del 20% rispetto al 2018.
Grandi Imprese e Smart Working
È di pochi giorni fa la notizia che Microsoft ha adottato lo smart working in Giappone. Un luogo simbolico visto che nel Paese le ore lavorative possono raggiungere anche le 80 settimanali. Con la sperimentazione del lavoro in ufficio di 4 giorni, Microsoft ha assistito ad un aumento della produttività del 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e un risparmio di elettricità e carta utilizzata a cui si aggiunge la soddisfazione della quasi totalità dei dipendenti.
Lo strumento del lavoro agile, istituito per permettere ai dipendenti di conciliare meglio la vita privata con gli impegni professionali, ha permesso a moltissime realtà aziendali di cambiare l’approccio al lavoro.
Secondo la ricerca, nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di Smart Working è del 58%, in crescita rispetto al 2018.
Ma il punto della questione è uscire dal concetto di sperimentazione, sarebbe auspicabile superare il concetto di “progetto” e rendere sistematico un nuovo approccio al modo di lavorare, introducendo nuovi sistemi e modelli in azienda.
Anche se in molte grandi imprese, lo smart working è ancora percepito come lavoro da remoto e non come ripensamento dell’approccio in versione più “smart”, i dati sono positivi: aumentano le iniziative che abbandonano lo stato di sperimentazione. Circa la metà dei progetti oggetto della ricerca è già a regime e le persone coinvolte passano dal 32% al 48%.
Cultura del Lavoro orientata ai risultati
Il concetto di fondo è quello di legare gli obiettivi del progetto di Smart Working con quelli aziendali, dando sempre più visibilità ai benefici ottenuti e ottenibili.
Ripensare l’organizzazione del lavoro significa rendere più flessibili gli spazi e gli orari di lavoro, dotarsi della tecnologia adeguata per lavorare da remoto, sviluppare nuove competenze digitali, ma soprattutto occorre lavorare sulla filosofia del lavoro. Nel senso di diffondere la cultura orientata ai risultati, diffondendo modelli manageriali basati su autonomia e responsabilità dei lavoratori.
Permangono, infatti, delle criticità secondo i dati dell’Osservatorio, per cui un terzo dei responsabili ritengono questo sistema difficile da gestire per le urgenze e per l’utilizzo delle tecnologie. Sul fronte dipendenti, invece, la metà del campione ritiene che porti a un migliore equilibrio fra vita professionale e privata e un terzo manifesta una evidente soddisfazione e motivazione a impiegarlo.
Piccole Imprese e Smart Working
Per quanto riguarda le piccole imprese, la diffusione cresce al 12%, anche se alcuni settori richiedono ancora la presenza fisica del dipendente come il commercio o la manifattura. Esistono poi degli esempi di piccole realtà che portano all’estremo il concetto dello smart working, come Quindo. Fondata nel 2014, è una realtà lavorativa che non ha uffici. Agenzia di consulenza SEO, ha costruito e adattato il lavoro sui bisogni personali; la giornata è organizzata su 6 ore di lavoro, con una reperibilità richiesta in fasce orarie 9/16 o 10/17. Un modello che sposa i concetti sopra citati di una diversa filosofia del lavoro.
Pubblica Amministrazione e Smart Working
E nella Pubblica amministrazione? A sorpresa si registra la crescita più significativa: in un anno nel settore pubblico raddoppiano i progetti strutturati di smart working (passando al 16%), cresce di sette volte il numero delle PA che ha attivato iniziative informali.
La strada nel pubblico è ancora lunga perché le percentuali ancora si distanziano molto da quelle del settore privato, ma il fenomeno è comunque in espansione.
Fonte: cliclavoro.gov.it