Con questo approfondimento Diario della Formazione vuole scandagliare la natura dell’apprendimento informale. Analizzare le ragioni che lo rendono strategico nello sviluppo e nella implementazione della formazione continua dei lavoratori. Le domande a cui proveremo a fornire una prima risposta riguardano le modalità in cui si verifica l’apprendimento informale. Con particolare riguardo all’apprendimento sul luogo di lavoro in ottica lifelong learning. E soprattutto come esso possa essere implementato da una attenta strategia formativa. Particolarmente interessante in questo campo è, vista anche la situazione pandemica che stiamo vivendo, esaminare le problematiche inerenti il processo di riconoscimento e validazione dell’apprendimento informale.
L’apprendimento permanente
La grande attenzione riservata all’apprendimento informale è dovuta al processo di affermazione proprio del concetto di apprendimento permanente. L’idea oramai acclarata, che l’apprendimento avviene lungo tutto l’arco della vita e in molteplici luoghi. Non esistono più i “luoghi” tradizionalmente deputati all’istruzione formale.
Nel 1972 l’UNESCO pubblica il rapporto Faure (dal titolo “Learning To Be“), nel quale si pone l’accento per la prima volta su un concetto che influenzerà le future policies educative e formative. Rimarcando l’interesse per lo sviluppo “a 360°” della persona, visto come un orizzonte imprescindibile. E’ la prima volta che si introduce l’idea di una educazione permanente, lungo tutto l’arco della vita, che sia capace di raccogliere le sfide dell’avvenire.
Un passaggio strategico è rappresentato successivamente dalla pubblicazione nel 1995 del cosiddetto “Libro Bianco Cresson” (dal titolo “Verso la società cognitiva. Insegnare e apprendere“). Tale pubblicazione, fu curata dalla allora commissaria delegata per la formazione e la cultura della Commissione Europea, Édith Cresson.
La nascita del concetto di lifelong learning
Il testo pone l’accento dall’educazione all’apprendimento e si introduce il concetto di lifelong learning. Definendo con tale termine che, in una società della conoscenza, l’apprendimento avviene in diversi momenti della vita di un individuo, in luoghi e in modalità di volta in volta differenti.
Da allora, attraverso la Conferenza di Amburgo (1997) e, soprattutto attraverso la Conferenza di Lisbona (2000), si è utilizzato il termine lifelong learning per indicare una strategia complessiva. Che sia in grado di garantire lo sviluppo integrale della persona, affermandone i diritti nella visione olistica di un potenziamento delle politiche per la cittadinanza attiva e la partecipazione democratica in Europa.
In Italia, la Legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro e nello specifico l’art. 4, in linea con le direttive della Comunità Europea, sancisce che per “… apprendimento permanente si intende qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale”.
Cosa si intende per apprendimento informale
Per comprendere appieno l’apprendimento informale è necessario fornire una definizione univoca di ognuno degli ambiti in cui l’apprendimento si realizza.
L’apprendimento formale si attua nel sistema di istruzione e formazione, nelle università e nelle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. L’apprendimento si conclude con il conseguimento di un titolo di studio, di una qualifica o diploma professionale o comunque di una certificazione riconosciuta.
Praticamente, rappresenta la formazione istituzionalizzata e continua. Essa consiste in un processo strutturato e gerarchico segnato da chiari traguardi, piani di studio, verifiche periodiche e certificati scolastici. In questo tipo di apprendimento si stabiliscono degli obiettivi da raggiungere in contesti istituzionalizzati dedicati all’insegnamento, alla formazione e all’apprendimento. In tali contesti le attività sono condotte da facilitatori che hanno competenze sulle materie che abitualmente insegnano a categorie specifiche di studenti (individuate per classi d’età, livello e specializzazione).
Apprendimento non formale
L’apprendimento non formale è caratterizzato da una scelta intenzionale della persona che si realizza in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi. Questo tipo di apprendimento è gestito al di fuori delle tradizionali istituzioni statali e non richiede il continuo raggiungimento di traguardi nello studio. Mentre il controllo dei risultati può svolgersi in diversi modi che vanno dalla semplice autovalutazione da parte degli allievi fino al rilascio di certificati formalizzati.
Gli obiettivi dell’apprendimento si stabiliscono in maniera volontaria, i contesti possono essere temporanei e raramente strutturati sulla base di materie curriculari, mentre le attività o i corsi realizzati possono essere condotti da facilitatori professionisti (trainer e/o coach) oppure da volontari (animatori).
L’apprendimento informale è quello che, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero. Si attua attraverso processi di autoeducazione, che si svolgono in situazioni di vita immediate learning by doing, al di fuori d’istituzioni statali.
Nell’ambito informale si posso acquisire frequentemente soprattutto soft skills. Ciò che viene appreso è generalmente difficilmente documentato, non è certificato e spesso non è visibile per colui che apprende.
L’apprendimento informale sul luogo di lavoro
In un contesto come quello lavorativo, dove le persone imparano ad eseguire delle attività anche osservando e interagendo con i propri colleghi, è facile comprendere come l’apprendimento informale sia sempre stato presente. Il rinnovato interesse di cui ha goduto negli ultimi anni l’apprendimento informale è dovuto piuttosto allo straordinario cambiamento che si è attuato nei luoghi di lavoro dall’avvento dell’era dell’informazione. Sempre più spesso l’apprendimento informale è stato valutato come una valida alternativa all’apprendimento non formale e formale.
L’apprendimento informale nei luoghi di lavoro è l’apprendimento in cui sono i lavoratori a stabilire gli obiettivi e a determinare da soli quando questi sono stati raggiunti.
L’apprendimento informale comprende il controllo condiviso su:
- chi controlla e valuta il processo di apprendimento;
- la location in cui avviene l’apprendimento;
- lo scopo dell’apprendimento; se l’apprendimento è un obiettivo primario o secondario rispetto all’attività in cui esso si è verificato;
- la misura in cui il contenuto è pratico (considerato informale) o concettuale (considerato formale);
- la consapevolezza che si è verificato l’apprendimento.
Formale vs informale
Uno dei vantaggi dell’apprendimento non formale è la sua efficienza. Con gli obiettivi prescritti, le attività di apprendimento strutturate e i feedback continui, i lavoratori possono essere guidati a padroneggiare più competenze specifiche legate al loro lavoro in un breve periodo di tempo. Ciò che viene meno, però, nell’apprendimento non formale è il contesto.
Nell’affrontare le implicazioni teoriche dell’apprendimento informale, si fa spesso ricorso al cosiddetto modello 70:20:10 . Attraverso la pubblicazione dei risultati di un questionario somministrato a 200 dirigenti di azienda, risultava che il 70% dell’apprendimento avviene, secondo i dirigenti coinvolti, attraverso le attività lavorative, il 20% attraverso le interazioni con le persone e solo il restante 10% si realizza attraverso corsi regolari .
In realtà questa teoria non è mai stata provata e anzi, negli ultimi anni, è cresciuto il numero di ricercatori che ne criticano le fondamenta teoriche. Ciò non toglie che l’apprendimento informale sul luogo di lavoro rappresenti senza dubbio una risorsa importante per potenziare lo sviluppo professionale dei lavoratori, ma vanno tenute nella giusta considerazione le difficoltà che esso comporta e gli ostacoli che si frappongono alla sua applicazione.
Ciò che i responsabili della formazione dovrebbero fare
- stimolare ed incentivare una cultura della condivisione e la creazione di comunità di pratica, anche concedendo il permesso esplicito ad utilizzare le ore di lavoro per apprendere;
- favorire l’apprendimento sociale;
- garantire le risorse necessarie per l’apprendimento informale (accesso a banche dati aziendali, accesso a contenuti internet di alta qualità in abbonamento).
C’è un altro aspetto da tenere in considerazione
Contribuire all’affermazione in azienda di una cultura favorevole all’apprendimento informale, significa anche creare le condizioni affinché emergano, tra i lavoratori, le cosiddette competenze informali. Le competenze sono definite, nelle Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, come la “… comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”. Risulta chiaro come, si parli di competenze comunque acquisite, formali, non formali e informali.