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Digitalizzazione e competenze dei lavoratori

Digitalizzazione e competenze dei lavoratori

Come evidenziato dall’analisi di Confartigianato recentemente pubblicata, si conferma la crescita degli acquirenti on line che, nel 2018, superano i 19 milioni, con un aumento del 10,9 % rispetto all’anno precedente.

Fattori trainanti

I risultati dell’ultima rilevazione dell’Istat sull’utilizzo dell’Ict da parte delle imprese mettono in evidenza l’orientamento di queste verso due fattori trainanti la trasformazione digitale.

Nel 2018 le imprese confermano al primo posto agevolazioni, finanziamenti e incentivi fiscali indicato dal 48,5%.

Il secondo fattore di digitalizzazione è rappresentato da infrastrutture e connessioni in banda ultra larga, indicato dal 30,8%, seguito, al terzo posto, dallo sviluppo e il consolidamento di competenze digitali attraverso la formazione degli addetti presenti nell’impresa, rilevato nel 22,4% dei casi.

Questa tendenza è in sensibile rafforzamento; l’anno precedente il fattore delle nuove competenze digitali era indicato dal 12,6% delle imprese. Si conferma la tendenza della maggiore formazione in area Ict dedicata, ad ampio spettro, a tutti gli addetti dell’impresa e non solo a quelli già specializzati.

Tra gli altri fattori troviamo la strategia di digitalizzazione (indicata dal 17% delle imprese), l’iniziativa digitale della Pubblica amministrazione (11,5%), le assunzioni di personale con nuove competenze digitali (9,7%), la capacità di “fare rete” (6,6%).

Competenze digitali

In particolare lo sviluppo di competenze digitali del personale esistente rappresenta una sfida alta per le imprese, le quali devono affrontare la digitalizzazione dei processi produttivi e delle relazioni con il mercato con una quota crescente di occupati senior. Questa tendenza è dovuta a fattori demografici, al calo di assunzioni di giovani nella fase ciclica sfavorevole e alle restrizioni delle uscite pensionistiche dovute alla riforma Fornero del 2011.
In soli cinque anni la quota di lavoratori senior– con 50 anni ed oltre – è salita di oltre sei punti, passando dal 28,5% del 2012 al 35,2% del 2017.
Dopo il settore della Pubblica amministrazione, quello dell’energia e utilities sono il comparto con la quota di lavoratori senior più elevata. Seguono agricoltura, sanità, finanza e assicurazioni e trasporti.

Lavoratori over 50

Nel confronto internazionale l’Italia, come è noto, è caratterizzata da una maggiore età media della popolazione. Questo carattere demografico si riverbera anche sul mercato del lavoro e sulle risorse umane delle imprese; la quota di lavoratori over 50 in Italia è inferiore di 1,5 punti percentuali rispetto alla Germania, ma supera di 3,2 punti la media Ue. La distanza è di 4 punti percentuali rispetto al Regno Unito, di 4,8 punti rispetto alla Francia e di 5,6 punti rispetto alla Spagna.

L’Italia è il paese che, tra il 2012 e il 2017, registra la maggiore crescita dell’occupazione senior (+6,7 punti), più del doppio della media Ue (+3,2 punti). Sulla base di questi andamenti che nel quinquennio l’occupazione senior in Italia sale del 26,3%, quasi dieci punti superiore al +17,3% della media Ue, nello stesso arco di tempo la popolazione fino a 49 anni scende del 7,6%.

In chiave territoriale l’analisi centrata sui lavoratori dipendenti delle imprese del settore privato evidenzia che la quota di occupati senior – 50 anni ed oltre – è più elevata in Liguria con il 29,8%, davanti a Friuli-Venezia Giulia con 28,8%, Piemonte con 28,4%,Molise con 27,8% e Marche con 27,8%.

Formazione

La formazione rappresenta un investimento sul capitale umano delle imprese, migliorare l’efficienza, lo adegua ai cambiamenti organizzativi e tecnologici. Favorisce i processi di innovazione e di rafforzamento della produttività. Secondo il Rapporto sulla conoscenza 2018 dell’Istat, le imprese sono il principale attore nell’attività di apprendimento strutturato fuori dal circuito dell’istruzione e nel 2015, nel 60% dei casi, hanno realizzato interventi di formazione.
Le diverse indagini effettuate negli ultimi anni sono concordi nell’affermare che all’incirca un terzo dei posti di lavoro che si creeranno nei prossimi cinque e dieci anni avrà come requisiti fondamentali le skills digitali ma non solo, che oggi risultano raramente disponibili sul mercato.

Impresa 4.0

L’impresa 4.0 ha bisogno di professionisti capaci di lavorare in gruppo e di integrarsi alla perfezione all’interno del sistema aziendale, ma anche di talenti dotati di pensiero creativo, di capacità di problem solving e di adattamento, poiché il mondo del lavoro sarà caratterizzato da un continuo e veloce cambiamento; così come le aziende, anche gli stessi professionisti dovranno quindi perseguire nuove competenze non ancora formate.
In un mondo in cui la digitalizzazione e l’automazione entrano di peso, seppur in diversa misura, nella maggior parte delle mansioni, dotarsi delle nuove competenze diventa indispensabile.

Automazione

L’automazione, come emerso da molte ricerche, cancellerà tantissimi lavori, ma ne creerà molti di più. Queste nuove posizioni, però, potranno essere assegnate solamente a professionisti in grado di capire e gestire al meglio le nuove tecnologie.
Alcuni mesi fa McKinsey ha stimato che, nei prossimi 35 anni circa,quasi il 50% delle attività lavorative verrà automatizzato.

Questo significa che, tra non molto tempo, una parte importante delle attuali mansioni aziendali saranno coperte da robot. Nel nostro Paese, su 10 tipologie di lavoro ben 6 vedranno gran parte dei propri compiti svolti da macchine robotizzate. Invece nell’immediato futuro l’indagine del World Economic Forum, secondo il quale nei prossimi 7 anni il mix tra intelligenza artificiale, robot e automazione cancellerà 75 milioni di posti di lavoro, creandone però 133 milioni di nuovi, quindi di un saldo positivo di 58 milioni di nuove posizioni di lavoro.

Work skills

In Italia i lavoratori in possesso di competenze digitali di alto livello sono molto pochi e questo significa che le imprese si troveranno ben presto a sfidarsi per assicurarsi i necessari talenti digitali, cosa che peraltro sta iniziando ad accadere già oggi, con le aziende alla continua ricerca di ruoli digital, a conferma del significativo mismatch che caratterizza l’attuale mercato del lavoro.
Ma significa anche che dovrà adattarsi anche il mondo della formazione, sia prima dell’entrata nel mondo del lavoro che “on the job”, con la formazione dell’immediato futuro che si presenta, inevitabilmente, come life-long.

Fonti: confartigianato e giornaledellepmi